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Osservando la mostra “#AFX”

Il 22 dicembre al Circolo “La Montanina” di Montebeni si è tenuta la “Festa dell’olio”, un evento che si ripete ormai da diversi anni e che assegna un premio al miglior olio prodotto nel territorio fiesolano. In quell’occasione ho avuto modo di ammirare nella sala del circolo la mostra “#AFX”, organizzata dall’Associazione Artisti Fiesolani per il decennale della loro fondazione.

Una mostra ricca di opere interessanti, diverse fra loro sia come tecnica che come soggetti, ma tutte eseguite con grande maestria e passione. Mi riferisco in particolare ad opere come lo Stagno di calle, eseguito con ritagli di tessuto di vario genere che ben rendono la plasticità delle piante e la luminosità dei fiori. Accanto ad un’opera così ricercata una suggestiva figura femminile resa attraverso pennellate e tratti a china, dove il segno intenso si stempera con la stesura dell’inchiostro a pennello per determinare la plasticità del corpo ed evidenziare il cielo. Un piccolo acquarello con un panorama di Firenze, dove il rosso della cupola emerge fra il verde delle colline e dei cipressi. E ancora un paesaggio pedemontano, forse una vallata del Mugello, reso per ampie campiture di colore e alcuni particolari significativi. L’esposizione, interrotta da un’opera di Gianfranco Bulletti, prosegue sull’altra parete, partendo da un fondo marino di in cui le sagome dei pesci ammassate sulla parte inferiore della tela sono sapientemente illuminate da un raggio di luce centrale che evidenzia la profondità marina. Su un cavalletto situato vicino al pianoforte la tavola La mia vita a metà fra il collage e l’istallazione, dove il soggetto è affidato ad un binario di legno che, partendo in alto a sinistra, corre lungo due bordi per poi intrecciarsi e restare incompleta sul lato destro. Di nuovo sulla parete un piccolo paesaggio con un casolare in pietra che si affaccia su uno spazio circolare, il tratto per alcuni aspetti estremamente semplice, quasi naif, è arricchito di numerosi particolari sottolineati da netti passaggi di colore. Affiancata alla casa colonica, un soggetto fotografico molto suggestivo, il Treno della legna – Maramures che predomina con la sua locomotiva fumante, evidenziata da un frangi-binari rosso, immagine che si staglia sul bianco della neve e circondata da scarna vegetazione. Le vette del deserto africano si ergono nella nebbia mattutina, evidenziate da tre diverse colorazioni, dal bruno rossastro del primo piano al bruno rosato fino all’azzurro sfumato dello sfondo e poco lontano un’opera tridimensionale a cavallo fra la scultura e l’istallazione dove le forme arrotondate sovrapposte con un attento gioco cromatico, culminano con una silhouette femminile in legno naturale. E ancora un pezzo intitolato India che, pur essendo incorniciato, presenta le caratteristiche di un collage eseguito con varie materie e un pezzo di bandone in ferro a dimostrare la povertà di quella parte del mondo. Un grande acquarello con un bellissimo paesaggio di montagna d’inverno, condotto con particolare maestria, non solo nel tratto e nella ricerca del colore, ma anche nell’impostazione compositiva. Poco lontano sull’angolo della parete di fondo la riproduzione di una serie di figure, situate su tre file, un Coro di donne e uomini rielaborati con tratti fortemente obliqui che vanno dal nero, al rosso e all’ocra per evidenziare le posture e le espressioni dei personaggi. A fianco ancora una fotografia, uno scatto in bianco e nero, dove il vecchio tronco d’albero si impone allo spettatore in tutta la sua imponenza e fragilità. Un piccolo e prezioso paesaggio ad olio, dal segno raffinato, un po’ sfumato, ma profondamente intimo accanto ad un dipinto con fiori rossi che si impongono con forza allo spettatore per esprimere, attraverso la loro forma e il colore deciso la personalità estroversa dell’artista. E ancora due paesaggi, uno campestre con un grande campo solcato dalla pista di un trattore reso con grande sensibilità pittorica e l’altro notturno con una strada al centro in primo piano messa in risalto dai grandi cipressi scuri e dalla luce lattata della luna. Espressioni artistiche diverse rappresentate dai due ritratti che seguono: il sorriso splendente di una bambina che si rivolge allo spettatore catturando il suo sguardo accanto a un volto femminile su fondo arancio, che attraverso il segno raffinato e la sapiente colorazione risalta sulla tela, quasi a colloquiare con gli astanti. L’esposizione prosegue con un altro volto femminile, questa volta eseguito con il chiaroscuro della matita e del carboncino, sottolineando l’importanza del segno per la la resa plastica del ritratto. Proseguendo il percorso, su un cavalletto si possono leggere i Dieci pensieri prima di fare Arte, in cui i suggerimenti vengono riportati su un cartone grigio, una lontana memoria forse delle tavole della legge. Ancora una natura morta con ventaglio verde e caraffa, oggetti condotti sulla tela con un colore a olio denso e insistiti contrasti. Un altro soggetto fotografico in cui l’immagine si stempera in diverse sfumature di colore che dal verde intenso dei tre cipressi in primo piano, passa da un arancio tenue del campo su cui si distingue il rosa degli alberi di Giuda e e il grigio azzurro degli ulivi. Vicino a questo scatto una Natura morta che risente delle ricerche dell’arte italiana ed europea dei primi anni del secolo scorso, in particolare del cubismo e del surrealismo, come ad alcune reminiscenze surrealiste sono presenti nelle tre forme fantastiche – forse tre navicelle spaziali – poste al centro su uno sfondo paesaggistico in cui il richiamo a partiture geometriche è chiaramente evidente. La serie dei dipinti si conclude con una strada in mezzo ad una cascina, dove i giochi di luce ed ombra sono resi con pennellate di colore pieno sottolineando lo scorcio prospettico. Un’attenzione particolare per la scultura in legno con due avambracci che si innalzano verso l’alto, corredati di due mani forti, sicuramente maschili, la cui gestualità rimane incerta fra la richiesta e il ringraziamento.
Ventotto pezzi in tutto a cui si deve aggiungere un’opera di Gianfranco Bulletti, fondatore e Presidente per lunghi anni dell’Associazione fino a poco prima della sua morte nella primavera dello scorso anno.

M. Donata Spadolini, dicembre 2019

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